BOCCA DELLA VERITÀ?!
Tratto da
Storia del Novecento, Anno VI, n.70, febbraio 2007 (in edicola) Storia del
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Archivio: Giorgio Bocca: "Primi
passi da giornalista" "Coerente con le sue posizioni di sempre"?
Abbiamo virgolettato titolo e
sottotitolo di questo servizio (richiestoci da numerosi lettori anche
per via della rinnovata polemica con Giampaolo Pansa ed il revisionismo
in generale), perchè si tratta in entrambi i casi di citazioni. La prima
è tratta dalla presentazione di Bocca come autore del libro Il
provinciale, Mondadori 1991; la seconda è presa da un giudizio su
di lui nel corso di un'intervista - pubblicata sul Corriere della Sera
il 21 dicembre scorso - in cui si scagliava contro i revisionisti.
Dunque il risvolto di copertina de Il provinciale ci dice che
Giorgio Bocca, "nel foglio di Giustizia e Libertà ha fatto,
nell'immediato dopoguerra, i primi passi da giornalista". Non è esatto,
perchè si dimenticano i numerosi articoli - due dei quali vengono per la
prima volta qui riprodotti integralmente - che durante la guerra (e fino
al 1943) il Nostro ebbe la soddisfazione di veder stampati in prima
pagina de La Provincia grande - Sentinella d'Italia, Foglio
d'ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di
Cuneo. In data 14 agosto 1942 Giorgio Bocca scriveva:
La Provincia grande. Sentinella d’Italia.
Foglio d’Ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento.
Cuneo
Anno II, numero 33, 14 agosto 1942, XX E. F.
Documenti dell’odio giudaico. I “Protocolli” dei Savi di Sion di Giorgio Bocca
Sono i “Protocolli dei Savi di Sion” un documento dell’internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo Ebreo intende giungere al dominio del mondo. La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana. Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione. Il povero “gojm” o “gentile” così il testo chiama i non Ebrei, leggendo quei “Protocolli” rimane al tempo stesso stupito ed atterrito. Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell’ombra ed al riparo di propizi paraventi. Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo Ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo. In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i “gentili” sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all’utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione. Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l’opera di dissolvimento. I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell’aristocrazia e del clero. Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l’aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa. Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo. Gli ebrei lanciano allora il grido: Libertà, eguaglianza, fratellanza”. La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli Ebrei, padroni dell’oro, divengono i dominatori. Dice il testo: “Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito” e più oltre “l’abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni”. Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui “gentili” un’altra più affascinante utopia: il collettivismo. Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano. Dice il testo: “Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l’individualità umana”. Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste. Non tutti i “gentili” - per sfortuna degli ebrei - sono stati però degli “ingenui” o “zucche vuote” come essi amano chiamarli. Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il Comunismo è un utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei). L’odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l’odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il Fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista può sorridere l’idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? E’ certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo. Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù.
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