DISARMO DI HEZBOLLAH, MISSIONE IMPOSSIBILE

per CIRCOLO CULTURALE EXCALIBUR

Lonate Pozzolo (Varese)

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CITTA' DEL VATICANO - «Hamas ed Hezbollah sono il prodotto dell'occupazione israeliana protratta nel tempo. La loro è resistenza. Legittima al cento per cento». Monsignor Fuad Twal vescovo coadiutore del Patriarcato Latino di Gerusalemme, in questi giorni impegnato al Meeting di Rimini, saluta con soddisfazione il prossimo arrivo nel Sud del Libano di una forza multinazionale e si augura che l'Europa possa effettivamente assumere un ruolo «di facilitazione nei rapporti tra Israele e Libano».

«Mi piacerebbe tanto - dice - che questa forza possa essere mandata anche a Gaza perchè Israele è vero che è uscito da otto colonie ma è anche vero che poi vi entra 4 o 5 volte la settimana per uccidere e devastare. Anche lì ci vorrebbero i caschi blu dell'Onu». Per 14 anni vescovo di Tunisi, monsignor Twal analizza il quadro destabilizzato dell'area e non ha dubbi sul fatto che gli Hezbollah non debbano essere disarmati dall'Unifil. «Nessuna forza straniera ha il diritto di mettere il naso negli affari interni libanesi. Hezbollah è un partito eletto democraticamente, ha alcuni ministri al governo e in Parlamento diversi parlamentari. La soluzione ideale può solo arrivare dall'interno e procedere, attraverso un cammino politico, ad integrare le milizie di Hezbollah nell'esercito formale libanese. E non va dimenticato che tutta la popolazione del Sud del Libano è di Hezbollah, le famiglie, interi centri abitati, tutti. L'unico modo di disarmare le milizie procedere in modo graduale con un processo politico ma tutto libanese. Nessun altro può farlo».

Se si fa presente a monsignor Twal che le milizie Hezbollah sono teleguidate da Teheran da cui ricevono supporti e aiuti militari, il prelato evidenzia che «gli armamenti si possono comprare da tutti quanti, non solo dall'Iran». Come a dire che occorre inquadrare il problema in modo meno schematico. «In questo momento storico, ma anche in passato e così per il futuro, il punto è che Israele è uno Stato che deve rispettare le tante Risoluzioni Onu rimaste lettera morta. Esiste, infatti, un altro modo di operare oltre all'uso della forza come sta facendo, vale a dire il rispetto del diritto internazionale e della dignità umana. Israele può pure costruire un muro per difendersi, ma non può farlo su territori palestinesi, prendendo case, dividendo terreni, creando barriere. Tra l'altro questo muro è solo una protezione apparente».

Varese, 28 agosto 2006